Ma a differenza di un cantante, non ricevo royalties ogni volta che un mio gioco viene giocato. Qualcuno ha perfino calcolato una cifra: dopo le 100.000 copie, liberi tutti, si può copiare: come se con 100.000 copie si potesse vivere di rendita per il resto della vita. Innanzitutto non capisco perché ci vorrebbe un tetto ai possibili guadagni che non esiste per nessun lavoro, nemmeno per chi di mestiere gioca (come i calciatori), ma che dovrebbe esistere, chissà perché, per chi crea giochi. Quanto al sospetto di voler lucrare, c’è da dire a onore della dV che anche se avesse vinto avrebbe fatto pochissimi soldi perché le vendite del plagio sono almeno cento volte inferiori rispetto a quelle di Bang! Si tratta di una rara causa fatta per difendere un principio, non per spolpare quattrini, tanto che le spese processuali erano di gran lunga la spesa più rilevante dell’intero processo.ħ° posto: “Avete fatto già un sacco di soldi”. Che questo sia il lavoro più bello del mondo non ci piove e sono il primo a dirlo, che non sia un lavoro lo lascio dire, ancora una volta, a chi non sa di cosa parla (o è semplicemente invidioso). E’ richiesta un’agilità e un’apertura mentale che non è invece necessaria per spalare il letame (con tutto il rispetto per gli spalatori di letame). Bisogna pensarli, rifinirli, realizzarli, provarli per mesi e talvolta per anni. Purtroppo i giochi non si creano da soli né nascono sotto i cavoli (o dovrei dire sotto i tavoli). Pare di capire che creare giochi, secondo questo ragionamento, non sia un lavoro vero. Ma anche se, per pura ipotesi, avessi mantenuto le stesse identiche regole e Samurai Sword fosse una banalissima riproposizione di Bang! in salsa orientale, resta il fatto che… sono mie creazioni, potrei auto-plagiarmi e auto-imitarmi a piacimento se solo volessi.Ĩ° posto: “Ci avete provato a lucrare sopra, ma vi ha detto male e adesso avete capito che per guadagnare dovete fare un lavoro vero”. Chi dice questo con ogni probabilità di Samurai Sword sa solo il titolo e l’autore, perché chi l’ha giocato invece sa quanto siano diversi i due giochi, con ovvie similitudini dato che appartengono entrambi al Bang! System.
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Con quello che la dV ha speso per il processo avrebbe potuto mandare una serie di spot in prima serata su una TV nazionale - senza contare il tempo perso, gli spostamenti ad Atlanta, le riunioni a notte fonda con gli avvocati con il fuso orario USA, la ricerca di documenti e prototipi vecchi più di dieci anni… difficile trovare un modo più contorto e autolesionista di farsi pubblicità.ĩ° posto: “Lo avete fatto anche voi con Samurai Sword”. Gli avvocati americani si fanno pagare a minuti e le attività vengono conteggiate minuziosamente, compresa anche solo la lettura di una mail (la risposta, ovviamente, viene contabilizzata a parte).
Ecco quindi una classifica dei commenti di questo genere con le informazioni necessarie:ġ0° posto: “E’ una mossa pubblicitaria”.
A me piace discutere, ma non ho tempo per rispondere alle stesse osservazioni fatte da chi ignora come stanno certe cose. Oltre alle attestazioni di stima e di solidarietà ci sono state anche quelle di chi non sa o non ha capito alcuni aspetti fondamentali della questione. Dopo la sconsolante sentenza della giudice del Texas che ha negato il plagio di Bang! e, di fatto, reso impossibile il copyright dei giochi negli USA, come prevedibile si sono scatenate le reazioni del mondo ludico.